GLI ALLENAMENTI METABOLICI E IL CIRCUIT TRAINING: IL CONTINUO RINNOVO DELLA TRADIZIONE
CAMBIA LA FORMA, SI EVOLVONO LE ATTREZZATURE, SI AFFINANO LE STRATEGIE, MA L’EFFICACIA E IL DIVERTIMENTO DELL’ALLENAMENTO A CIRCUITO MANTENGONO LO STESSO INTRAMONTABILE ENTUSIASMO DELLA PRIMA SCOPERTA!
IERI…
Sono passati più di 60 anni da quando Bob Woodruff diffuse nell’allenamento delle squadre di Football Americano la metodica dei circuiti PHA (Peripheral Heart Action). Il fine era quello di lavorare sulla forza resistente a breve e media durata promuovendo la resistenza lattacida. Non erano quindi veri e propri allenamenti a circuito a fondo aerobico, si usavano solo attrezzi a pesi giocando sul passaggio da un muscolo opposto all’altro e la finalità non era direttamente rivolta al fitness. Nonostante in questa metodica non si parli certo di cardiofitness il seme era stato gettato e, da quella semplice intuizione, si sono iniziate ad elaborare le tante metodiche già conosciute per l’atletica cercando di trasferirle al Fitness, magari con l’ausilio di macchine cardio (la prima macchina cardio moderna con freno elettromagnetico e rilevazione delle pulsazioni compare negli USA nel 1969). Da questo punto la diffusione degli attrezzi cardio (prima solo tappeti e bici, poi anche step e vogatori per arrivare poi ai simulatori di arrampicata, ellittici, top cardio ecc.) ha uno sviluppo verticale ed ha stimolato nei modi più diversi la fantasia degli allenatori, questo anche cercando di andare incontro alle necessità degli utenti. Già sul finire degli anni 70, sempre negli Stati Uniti, si è iniziata a diffondere l’esigenza di fare attività fisica a larga scala, questo a difesa dello stato di salute ma anche del benessere psico-fisico con maggiore rendimento anche nella normale vita quotidiana compreso il lavoro. Furono quindi diverse le aziende che allestirono palestre interne dove nella pausa pranzo i dipendenti potevano svolgere un’attività fisica, consumare un pasto e poi riprendere, con la mente più attiva che mai, l’attività lavorativa. In questo contesto c’era però un problema di ottimizzazione del tempo impiegando al meglio anche le risorse tecniche. Una delle risposte venne dai circuiti a stazioni con tempi predeterminati. Un concetto semplice ed efficace che consisteva in un salone dove venivano posizionate macchine isotoniche lungo tutta la parete, a volte potevano essere introdotte anche delle macchine cardio (prevalentemente bike). La procedura era molto semplice, una volta entrato in sala si cominciava dalla prima macchina della fila, si eseguiva l’esercizio fino ad un segnale acustico che avvisava di passare alla macchina seguente; in tal modo si liberava la prima stazione che poteva essere occupata da un nuovo utente del circuito. Al nuovo segnale acustico si cambiava di nuovo stazione e così via fino al compimento dell’intero ciclo che comprendeva un Total Body. Mediamente il segnale avveniva ogni minuto. I carichi erano logicamente leggeri (spesso calcolati con una % del peso corporeo) ma comunque tali da potere fare svolgere su quell’attrezzo un movimento cadenzato e non troppo veloce per un minuto (circa 40/50 ripetizioni). Nel caso di presenza di bike, queste venivano messe triple, quindi nella stazione aerobica non c’era un solo attrezzo ma 3 bike, questo perché sul cardio la permanenza era di 3 minuti, quindi 3 segnali acustici. In questo modo, avendo a disposizione 3 attrezzi, non si creava comunque mai la fila e la rotazione sul resto delle macchine poteva avvenire di seguito senza intoppi. Mediamente un circuito durava 30 minuti.
Una proposta media poteva essere:
• Abdominal machine 1’
• Chest press 1’
• Rowing machine 1’
• Bike 3’
• Shoulder press 1’
• Biceps machine 1’
• Leg press 1’
• Bike 3’
• Lat machine 1’
• Pectoral machine 1’
• Triceps 1’
• Bike 3’
• Abdominal 1’
• Delts machine 1’
• Leg ext 1’
• Bike 3’
• Pull over machine 1’
• Leg curl 1’
• Calf seduto 1’
• Bike 3’
Logicamente il N° di macchine poteva anche essere minore, compiere tutto il circuito in 15 minuti e ripeterlo interamente per 2 volte. Questa idea è a mio avviso ancora oggi perfettamente valida, magari senza il segnale acustico ma con un trainer che coordina il passaggio da un attrezzo all’altro, suggerisce carichi e magari la cadenza di esercizio.
OGGI…
Guardando ciò che è successo anche nelle palestre “nostrane” (la bicicletta cardio moderna è stata presentata in Italia nel 1989) non possiamo che rilevare come i circuiti siano diventati gradatamente ma inesorabilmente una delle metodiche di allenamento più gradite ed efficaci. Occorre infatti registrare come l’utente appassionato di pesi non abbia bisogno di molti incentivi per essere “fidelizzato” e motivato; viceversa il cliente medio è facile che trovi l’allenamento con i pesi noioso e ripetitivo e, anche se alla fine è una delle attività che garantisce i maggiori risultati, è un classico che dopo alcuni mesi, magari dopo che ha chiesto più volte di cambiare scheda (con disperazione dell’istruttore) abbandoni l’attività. Le attività a circuito sono state e sono senza dubbio la risposta ideale, infatti sono molto più dinamiche, evitano la pausa fra le serie e fra gli esercizi, sono estremamente personalizzabili sia nella durata che nell’intensità che nella finalità. Il vero “problema” dei circuiti e che soventemente sono quasi impraticabili negli orari di punta della sala pesi, infatti le macchine sono tutte occupate e il principio base della continuità ininterrotta viene a perdersi.
DOMANI…
Da molti anni ormai assistiamo a diverse proposte di aziende che spingono la possibilità di attivare dei corsi (quindi di gruppo), con orari di inizio predefiniti e da svolgere in apposite sale (magari utilizzate anche per altre attività di gruppo). Le proposte vanno da attrezzi isotonici a pesi (magari rivisti nella postura per potere svolgere gli esercizi in piedi) fino a più compatti ed interessanti attrezzi dotati di pistone ad aria (del tipo ad effetto sia singolo che doppio, dove nel doppio si allenano sia agonisti che antagonisti in quanto la resistenza è nei 2 sensi), il tutto per velocizzare il cambio di stazione senza perdere tempo e limitando al massimo le necessità di regolazione della macchina. A mio avviso le proposte sono interessanti ma occorre valutare diversi fattori fra cui il costo (non occorre certo che la macchina sia adatta ad essere utilizzata con grandi carichi) e l’ingombro. Questo diventa fondamentale per quelle palestre (la maggioranza) con problemi di spazio e che difficilmente possono permettersi di dedicare una sala esclusivamente a questa attività. Per questa ragione le macchine più utilizzate attualmente per questi circuiti di gruppo sono quelle che hanno la prerogativa di potere essere facilmente mobilizzabili, parliamo delle bici da Spin, dei tappeti da walking o di altri attrezzi tipo lo step, box jump e simili. Anche se queste macchine non sono solitamente dotate di serie del controllo del battito cardiaco, non è un problema predisporle con un ricevitore di quelli da polso e dotare poi ogni utente di fascia cardio. L’ideale soluzione di allenamento ha visto poi abbinarci delle macchine isotoniche a pesi o altri tipi di resistenze: dai bilancieri ai manubri, dai kettlebell alle medball includendo sapientemente il miglior strumento per eccellenza che è il corpo libero. In questo modo, con una spesa certamente inferiore, si riesce a dare vita a dei corsi di Circuit Training che non siano solo quelli già normalmente svolti nelle sale corsi, come il GAG o il Total Body Workout), e differendo da quest’ultimi perché idealmente non sono coreografati e l’utilizzo della musica ha solo la funzione di sottofondo motivazionale e non ritmico, questo per permettere anche ad istruttori che non hanno uno spiccato orecchio musicale e una specifica conoscenza delle basi ritmiche e coreografiche di potere dirigere queste lezioni in modo addirittura più funzionale all’obiettivo dimagrimento e altrettanto divertente. L’evoluzione del Fitness ha certamente necessitato di affinare sempre più la metodica dell’allenamento a circuito per raggiungere gli alti livelli di attenzione che merita nell’era odierna. La parola d’ordine rimane quella di divertire ma proponendo qualche cosa di efficace e funzionale e che magari non impegni eccessivamente il tempo dell’utente. Un allenamento che idealmente si effettua in 40 minuti e che potrebbe essere svolto a cadenze regolari durante il giorno, questo per fare in modo di assecondare i bisogni di chi ha poco tempo (tipo pausa pranzo) e di chi gradisce fare una attività di preparazione o defaticante da associare ad un training più classico e personalizzato alle macchine. Abbiamo quindi una grande potenzialità di continua riscoperta di questa affascinante metodica, una prerogativa che certamente può offrire rinnovate opportunità sia agli utenti che agli istruttori.
Hip thrust base: complementare o essenziale?
ANALIZZIAMO LA BIOMECCANICA, L’ESECUZIONE TECNICA E LE VARIANTI DI UNO TRA GLI ESERCIZI PIÙ INTERESSANTI PER ALLENARE I GLUTEI E GLI ISCHIOCRURALI
Da qualche anno in palestra quando si parla di Glutei è immancabile un pensiero ad un esercizio, l’Hip Thrust, questo fino a qualche anno fa totalmente ignorato se non addirittura sconosciuto. Prima di analizzare questo esercizio e le sue varianti facciamo un breve focus sui Glutei. Quando si parla di glutei ricordiamoci che questo settore muscolare è formato da 3 muscoli: Grande, Medio e Piccolo Gluteo; senza andare troppo nel dettaglio questi 3 muscoli originano dall’anca e dalla cresta iliaca e si inseriscono sul femore; focalizziamoci invece sulle azioni muscolari di questi muscoli.
GRANDE GLUTEO (Superficiale): Prendendo punto fisso sul bacino estende ed extraruota il femore, invece prendendo punto fisso sul femore estende il bacino.
MEDIO GLUTEO (Intermedio): Abduce ed intraruota il femore (i fasci posteriori lo extraruotano ma sono inferiori), se si prende come punto fisso sul femore avremo con la contrazione bilaterale l’estensione del bacino, con la contrazione monolaterale si induce la flessione laterale del bacino.
PICCOLO GLUTEO (Profondo): Prendendo punto fisso sul bacino abduce ed intraruota il femore, invece prendendo punto fisso il femore diventa un estensore del femore.
L’azione principale e comune di questi 3 capi muscolari sarà quindi l’Estensione dell’anca, tale azione avviene in sinergia al gruppo muscolare che ricopre la parte posteriore della coscia, questi si definiscono Ischiocrurali e comprendono il Semimembranoso, il Semitendinoso ed il Bicipite Femorale. Per far lavorare al meglio i glutei dovremmo quindi “limitare” l’intervento degli ischocrurali che rischierebbero di prevalere negli esercizi con l’estensione dell’anca, per questo motivo un esercizio che isola i glutei dovrà prevedere una iniziale flessione del ginocchio proprio per “disattivare parzialmente” i muscoli della parte posteriore del femore, un esempio è lo slancio posteriore al cavo basso, questo per isolare i glutei dovrà essere eseguito a ginocchio flesso mantenendo la flessione per tutto il ROM. Tornando all’Hip Thrust, tralasciamo la descrizione dell’esercizio (ormai ben conosciuto da tutti) e ci focalizziamo invece su qualche dettaglio biomeccanico; tecnicamente e teoricamente viene classificato come esercizio multiarticolare perchè recluta il movimento di tre articolazioni (caviglia, ginocchio ed anca) anche se, a mio parere, non lo si potrà equiparare ad esercizi Fondamentali come Squat, Affondi, Stacchi e Pressa ecc, per certi autori viene persino classificato come Complementare. Per eseguire bene questo esercizio sarà importante caricare il peso correttamente sull’anca ed avere fissato saldamente i piedi al terreno, o alla pedana nel caso del macchinario guidato; è importante che il carico sia ben distribuito su tutto il piede ma soprattutto sul tallone; un semplice suggerimento potrebbe essere quello di sollevare leggermente e poi mantenere alzate le punte dei piedi proprio per enfatizzare il reclutamento dei Glutei (quando il carico è più sul tallone lavora sempre meglio la catena posteriore). Essendo un esercizio che recluta il settore muscolare più forte del corpo umano (Glutei e Ischiocrurali) si dovranno utilizzare carichi importanti, ponendo però molta attenzione allo stress sull’ anca e sulla zona lombosacrale; infatti se quest’ultima fosse rigida, rettilinizzata o con problematiche osteoarticolari come ernie o spondilolisi non si dovrà utilizzare un carico molto elevato come invece sarebbe giusto fare.
Altri punti chiave per l’esecuzione ottimale di questo esercizio sono:
- mantenere attivi i muscoi profondi del Core sia in fase concentrica che eccentrica (retroversione anca),
- assicurarsi di avere una buona mobilità dell’anca e del tratto lombosacrale,
- non eccedere con l’estensione (soprattutto se si ha Iperlordosi o Erniazioni),
- enfatizzare la differenza di Velocità tra fase Eccentrica (lenta) e Concentrica (Esplosiva),
- controllare che la flesso-estensione del ginocchio sia minima per limitare il lavoro di Quadricipiti e Ischiocrurali (essendo preaccorciati interverranno meno) a favore dei Glutei,
- immaginare di spingere il bilanciere verso il soffitto mentre i piedi (Talloni) sprofondano nel pavimento.
Sono molto interessanti le varianti che si possono applicare a questo esercizio, ad esempio utilizzare un elastico a metà coscia o all’altezza del ginocchio farà in modo che durante tutto il movimento sia mantenuta l’abduzione femorale grazie all’attivazione del Medio Gluteo e del Tensore Fascia Lata ed abbinando la contrazione concentrica alla isometrica ed auxotonica; questo “stratagemma” è molto interessante nell’home-fitness dove spesso non si hanno grossi carichi a disposizione; un’ altra variante è utilizzare un rialzo sotto i talloni per aumentare il ROM, oppure appoggi che, oltre a sollevare, destabilizzano come Bosu o cuscini ad aria ecc. A corpo libero o con poco peso si può optare anche per la versione monopodalica (ad una gamba), cosi facendo si bilancierà anche il lavoro sugli arti rinforzando l’arto più debole portandolo al livello dell’arto dominante. Da pochi anni si trovano sul mercato anche macchinari che riproducono l’Hip Thrust, questi hanno pro e contro; tra i pregi troviamo la comodità di non dover caricare il bilanciere, l’appoggio per le spalle svincolato e la pedana inclinata regolabile; tra i contro invece abbiamo la “rigidità” del movimento che è vincolato, oltre al fatto che il “braccio” del macchinario è a destra e questo caricherà maggiormente l’arto destro rispetto al sinistro.
Personalmente utilizzo l’Hip Thrust come preaffaticamento prima di uno degli esercizi Base sopraelencati per isolare meglio i glutei, oppure successivamente all’esercizio pluriarticolare per portare il Muscolo Target ad esaurimento concentrico; a scelta si potrà anche aggiungere qualche secondo di Isometria alla fine di ogni ripetizione. Assemblando queste metodiche potremmo creare questo Triset:
Concludendo ritengo che questo esercizio sia molto interessante ma “non essenziale” per l’allenamento degli arti inferiori, seppur negli ultimi anni l’Hip Thrust sia stato santificato, utilizzato e forse abusato (probabilmete per moda ed emulazione). La versione guidata è sicuramente più comoda ma meno funzionale quindi sarà da preferire il movimento a corpo libero, non è corretta l’esecuzione alla “Leg Extention” a causa dei vincoli del macchinario che non lo rendono adatto a questo movimento. A mio parere l’Hip Thrust è sicuramente un buon esercizio per stimolare il Grande Gluteo ma nella scheda di allenamento non dovrà sostituire i “Capisaldi” del lavoro per i glutei quali: Stacco Sumo, Squat Sumo, Bulgarian Squat, Affondi Frontali/Posteriori e Leg Press; così come gli esercizi monoarticolari quali Slanci Posteriori, Laterali e Diagonali, nella versione a corpo libero può rivelarsi molto utile nei soggetti di entrambi i sessi che hanno una predominanza di intervento del quadricipite negli esercizi di Estensione dell’anca, a patto che vengano rispettati i principi sopraelencati per reclutare al meglio i Glutei rispettandone la biomeccanica e la composizione muscolare.
Sfida all'OK Corral: meglio un'app tecnologica o un trainer professionale?
UN CONFRONTO OGGETTIVO E AL CONTEMPO CRITICO SULL’IMPORTANZA DEL FATTORE UMANO, DELLE CAPACITÀ PROFESSIONALI E DELLE PROSPETTIVE FUTURE DELLA FIGURA DEL FITNESS TRAINER
Negli anni 80 mi hanno chiesto di lavorare con una famosa software-house per studiare una APP (allora si chiamavano “programmi”) per generare allenamenti. All’inizio ero entusiasta, finalmente si fa un “salto di qualità” e lanciamo il settore verso il futuro. Era possibile interfacciarsi anche con le macchine sia pesi (di alcune tipologie) che cardio. L’utente interagiva in tempo reale aggiornando le sue performance ed il programma si settava nel preparagli la seduta successiva che fosse progressiva. Tutto bello, ma già di fronte ai parametri di entrata i programmatori sono andati in tilt; uomo, donna, dati antropometrici, mobilità articolare, eventuali patologie scheletriche o metaboliche, tempo, N° di sedute, obiettivi. Obiettivi che chi lavora in palestra sa come possano essere “fantasiosi”; senza pensare a tutti i programmi di potenziamento e preparazione atletica. Alla fine il programma (mai arrivato alla versione finale come si era ipotizzato all’inizio) risultava talmente complicato all’uso che un buon trainer impiegava meno a scriverlo al PC. Quello che risultava facile era invece proporre delle basi, senza troppe pretese e senza tenere conto di troppi fattori di esclusione, che potessero andare bene per avviare all’attività fisica.
Dopo quasi 40 anni Apple annuncia Apple Fitness +. Attualmente Sono disponibili undici diversi tipi di allenamento con durata variabile, tra cui: High-Intensity Interval Training (HIIT), Rafforzamento, Yoga, Ballo, Core training, Bici, Pilates, Tapis Roulant (per corsa e camminata), Vogatore e Defaticamento consapevole. A questi si aggiunge la parte sulle meditazioni per migliorare il senso generale di benessere. Qui troviamo nove temi tipo: Purpose, Kindness, Gratitude, Awareness, Creativity, Wisdom, Calm, Focus e Resilience. Durata media dei singoli programmi dai 5 ai 20 minuti. Programmi per tutti! Per principianti, avanzati, donne in gravidanza, per la terza età, per gli sport invernali! Ma, come se non bastasse questo miraggio dell’Eden tecnologico, arriva anche il prezzo da Discount; un abbonamento unico per 5 membri della famiglia a soli €9,99 al mese o €79,99 all’anno. Che dire? Forse sono anacronistico ma non riesco a credere che un trainer, un PT professionista, ben formato ed aggiornato abbia “paura” della concorrenza di una app, né sotto il profilo tecnico né tantomeno per questioni di prezzo e“concorrenza sleale”. Guardate ad esempio il settore della nutrizione. Tante sono le applicazioni esistenti sul mercato che permettono di autogestirsi l’alimentazione quotidiana, ma chiunque le abbia provate sa che in nessun modo possono sostituire l’esperienza e la capacità di un professionista (dalle problematiche del lavoro a turni, all’esclusione di alcuni cibi rispetto ad altri fino alla conoscenza dei cibi più adatti reperibili nei supermercati. Se possibile il settore dell’allenamento, soprattutto quello gestito da un PT, è ancora più complesso. Può essere che tanti utenti abbiano un primo approccio affascinato dalla sirena ipertecnologica e legata alla comodità domestica, ma c’è la concreta possibilità che questa situazione crei un’opportunità che incentivi le persone a fare un salto di qualità verso un fitness molto più consapevole e professionale. Non fermatevi a pensare alla persona senza problemi particolari, convinta che con 30 min 2 o 3 volte a settimane seguendo una APP possa rispondere alle sue esigenze di salute; pensate a chi desidera fortemente mettersi in gioco per avere salute e benessere e magari cambiare il proprio stile di vita. Per farlo ci vogliono non solo conoscenze tecniche, ma capacità di connettere insieme dati che non sono solo meri parametri fisici, ma anche tutta una serie di informazioni “emozionali” che solo un trainer o un PT riescono a fare. C’è un’empatia che a mio avviso solo un professionista DEDICATO al cliente può dare, poi si può anche lavorare on line, totalmente o in parte, ma quello che è essenziale è avere uno specialista che ha pensato in modo praticamente esclusivo alle problematiche di quella persona, alle sue esigenze, e magari riesce a modificarle e adattarle man mano che il training prosegue. Nonostante la mia mentalità obsoleta non credo che la tecnologia possa annullare il fattore umano e soprattutto la capacità professionale. Credo invece che il mercato diventerà più selettivo ed esigente; ci sarà certamente chi, per varie necessità, trova soddisfazione nella APP da 9,99 al mese ma permettetemi di credere che l’energia, la forza e la competenza che può emanare un trainer professionista non sono riproducibili da una APP per quanto essa possa essere specifica.
Non riusciremo certo a fermare la tecnologia e tantomeno ad impedire che le persone trovino la loro realizzazione in 9,99 al mese, ma certamente ciascuno che crede fermamente nella professionalità necessaria per muoversi all’interno di questo settore, saprà investire sulla formazione, sull’ aggiornamento e magari su quella tecnologia che serve a lui per tenere i contatti con i suoi clienti e per dare maggiore funzionalità ed efficacia ai propri servizi. Anche se l’abbonamento alla APP offre i primi 3 mesi gratis non credo toglierà il sonno ai veri Personal Trainer.
Temo il giorno in cui la tecnologia andrà oltre la nostra umanità: il mondo sarà popolato allora da una generazione di idioti.
Albert Einstein
Irisina: l'ormone dell'esercizio
LE ULTIME RICERCHE SCIENTIFICHE IDENTIFICANO L’IRISINA COME L’ORMONE CHE ASCOLTA L’ALLENAMENTO E NE ENFATIZZA I BENEFICI
L’irisina è un ormone/miochina identificata dai ricercatori di Harvard e prodotta dal muscolo durante l’attività sportiva, tant’è che Bostrom nel 2012 la definì un Exercise Hormone (ormone dell’esercizio). Questo aspetto la rende interessantissima per il mondo del fitness e delle attività motorie in generale. In particolare essa è in grado di indurre il differenziamento del tessuto adiposo bianco (legato a obesità e patologie) in tessuto adiposo bruno (metabolicamente attivo e positivo, per intenderci quello più presente in atleti e sportivi). Studi recenti suggeriscono che in vivo solo una sottopopolazione di tessuto adiposo bianco (Brite: cellule non ancora differenziate, non completamente maturate e quindi con una certa staminalità) sia in grado di rispondere all’irisina trasformandosi in tessuto bruno. Tali cellule staminali sono maggiormente presenti nel giovane ma naturalmente anche nell’adulto, ecco perché è tanto importante ai fini dimagranti ad ogni età.
Sebbene il tessuto muscolare scheletrico rappresenti la principale fonte di irisina, l’esercizio fisico è in grado di indurre la sua espressione da parte di numerosi tessuti: cardiaco, epatico, renale e lo stesso tessuto adiposo la produce per regolare in maniera paracrina e autocrina il proprio metabolismo. In sostanza è una molecola con funzioni complesse che ha un quadro di interferenza con molti patway, correlata non solo con la BMI (Body Mass Index o indice di massa corporea) ma per esempio anche col diabete di tipo 2 (quello dell’adulto e insulino-resistente). Topi sperimentali sottoposti a cicli ripetuti di allenamento (nuoto)1, mostravano un significativo incremento dei livelli circolanti di irisina e questo riduceva l’accumulo di grasso addominale e viscerale in maniera indipendente dal regime alimentare (per esempio dieta ricca di grassi). I dati dimostrano che il rilascio ematico di irisina è proporzionale all’intensità dell’esercizio fisico. Ecco un’altra considerazione su cui dobbiamo ragionare in qualità di tecnici. Ciò non significa che la medio - bassa intensità sia inutile (vedi nei soggetti patologici in cui è l’unica possibilità), semplicemente meno efficace da questo punto di vista rispetto per esempio a schede di forza con l’uso di percentuali di carico sub massimali o tecniche d’ipertrofia con l’uso di tecniche d’intensità come stripping, rest pause o super set, giusto per citarne solo alcune. Andiamo a vedere un altro esperimento, stavolta compiuto su cellule staminali pluripotenti umane prelevate dall’organo adiposo e coltivate per investigare gli effetti molecolari e genetici dell’irisina durante il fenomeno del browning. Si è confermato che le cellule adipose bianche di tipo “brite” hanno questa capacità (2). Non solo, a livello metabolico l’irisina è in grado di stimolare la termogenesi del tessuto adiposo aumentando l’attività e la performance dei mitocondri. In sostanza agisce sia innescando il browing e successivamente aumentando anche il metabolismo delle stesse cellule brune. Riassumendo riduce il grasso bianco, aumenta il bruno rendendolo ancor più metabolico e performante. Ciò è utilissimo nello sportivo di tutte le età ed ecco perché il rilascio dell’irisina è determinante per un’ottimale composizione corporea e a livello prestativo. Nonostante già questo basti per rendere interessante tale molecola, recenti studi hanno dimostrato che essa è in grado di regolare anche il metabolismo osseo. Infatti la scoperta della prof.ssa Grano (Bari) ha dimostrato che questa regoli l’osteoblastogenesi, ruolo importantissimo per la salute delle ossa. La ricercatrice ha constatato che gli atleti producendo alti livelli di irisina inducono la formazione di nuovo osso attivando gli Osteoblasti (ruolo spiegabile col concetto di cross-talk, quindi dialogo e influenza reciproca tra osso e muscolo). In un modello sperimentale murino la prof. Grano ha dimostrato che l’irisina aumenta la qualità del tessuto osseo inducendo un aumento del numero di osteoblasti (>100%) e una riduzione del numero di osteoclasti (<70%) (3). Ciò ha influito significativamente sulla geometria ossea, aumentando la superficie periostale e lo spessore dell’osso corticale (risposta specifica al carico, importante nel prevenire l’effetto crack e conseguentemente la frattura). In un altro recentissimo studio del 2017 (4), si è dimostrato che nei topi la somministrazione di irisina riduce le alterazioni muscolo-scheletriche indotte dall’assenza di carico. In particolare preveniva la perdita di tessuto osseo trabecolare e corticale (condizione tipica anche dell’astronauta). Inoltre tale somministrazione attenuava anche la riduzione di massa muscolare (diametro sia delle fibre bianche che di quelle rosse, ma soprattutto delle prime) e della cross-selection area (sezione trasversale fisiologica). La molecola è quindi utilizzabile nei soggetti allettati (anziani e non), ma anche in sportivi infortunati. In tali condizioni di “disabilità” al movimento, l’ormone ristabilisce la muscolatura e il tessuto osseo mimando i benefici dell’esercizio fisico. La somministrazione di irisina è quindi in grado di ripristinare la microarchitettura ossea alterata dall’assenza di carico. Ciò si è evidenziato in un altro studio sempre della prof.ssa Grano che ha dimostrato come nei topi, dopo 4 settimane di assenza di carico (non potevano poggiare la zampina anteriore), il trattamento con irisina abbia indotto il tessuto femorale murino a riacquistare una normale architettura ossea. Ecco che l’irisina gioca un ruolo fondamentale nell’equilibrio tra adipogenesi e osteoblastogenesi. In “aging” (invecchimaneto) questo equilibrio è spostato verso la linea adipogenetica, tant’è che il midollo osseo dell’anziano è occupato prevalentemente da adipociti piuttosto che da staminali. Ebbene pre-adipociti umani trattati con irisina ricombinante umana hanno differenziano in Osteoblasti maturi. Da segnalare come l’irisina prodotta dai mioblasti a seguito di allenamenti impegnativi (vedi gli esempi di sopra) sia più efficace delle forme di integrazione sintetica esogena.
A livello clinico, i livelli ematici di irisina mostrano una correlazione:
a) inversa con l’età dei pazienti (più sedentarietà) e da qui l’importanza del movimento anche nell’anziano per stimolare il rilascio di irisina.
b) diretta con i valori di BMD: bone mineral density.
In questo cross-talk la prospettiva è quella dell’interazione dell’irisina a livello osso-muscolo-grasso, circolo vizioso positivo in cui un aumento della performance muscolare incrementa la densità ossea e grazie al browning il dimagrimento. Un importante regolatore che agisce in questa complessa interazione è il sistema immunitario, tant’è che l’infiammazione cronica è in grado di riassorbire tessuto osseo e muscolare. Dunque un potenziamento del tessuto muscolare, che passa anche per l’irisina, indurrebbe un riduzione dell’infiammazione grazie al potenziamento del sistema immunitario come si evince anche da questo recente studio (5). Per concludere e rimanendo sul tema del sistema immunitario mi sento di sottolineare il ruolo dell’esercizio fisico all’aperto che promuove la produzione di vitamina D a livello epidermico (circa l’80% di vitamina D viene o dovrebbe essere prodotta in questo modo). Ciò induce non solo un potenziamento del sistema immunitario ma anche un aumento del trasporto di calcio all’osso. Ecco che l’alta sinergia multifattoriale può essere la chiave di lettura non solo del risultato meramente estetico ma soprattutto funzionale alla salute fisica nel giovane, come nell’adulto e nell’anziano. Ciò si traduce in un’applicazione pratica contestualizzabile come attività preventiva e adattata anche ai soggetti fragili in un contesto più ampio di prevenzione primaria e secondaria.
Bibliografia
• Insegnamento di Adattamenti dell’apparato muscolo-scheletrico all’esercizio fisico, Corso di Laurea Magistrale in Scienze Motorie Preventive e Adattate, Università San Raffaele, Prof. M. Scimeca
1 “Swimming exercise increases serum irisin level and reduces body fat mass in high-fat-diet fed Wistar rats”: Yun Lu et al., 2016
2 “Irisin exerts dual effects on browning and adipogenesis of human white adipocytes”: Yuan Zhang, 2016
3 “The myokine irisin increases cortical bone mass”. Colaianni G, Cuscito, Mongelli T, Grano M. Proc Natl Acad Sci U S A. 2015
4 “Irisin prevents and restores bone loss and muscle atrophy in hind-limb suspended mice”, Colaianni, Tarantino, Grano et al. Scientific Reports, 2017
5 “Anti-Inflammatory Properties of Irisin, Mediator of Physical Activity, Are Connected with TLR4/MyD88 Signaling Pathway Activation”, Agnieszka Irena Mazur-Bialy, Ewa Pocheć, Marcin Zarawski Int. J. Mol. Sci. 2017
Allenamento cardiofitness su due ruote
FOCUS SULLE DIVERSE TIPOLOGIE DI BIKE DA PALESTRA: INNOVAZIONE O TRADIZIONE?
Oggi vi voglio parlare degli allenamenti cardio che si possono svolgere in palestra, abbinati ovviamente ad un programma che sia con i pesi o a corpo libero, per ottenere i massimi risultati in termini di composizione corporea o di performance. In particolare vi parlerò delle “due ruote”: le bike da palestra! Ok, non hanno le ruote, ma rende l’idea.
Parlerò delle varie bike che il mercato del fitness ci offre, partendo a mio avviso da quella più completa: l’Assoult Air Bike o più comunemente chiamata bici d’assalto. Un nome, un programma. L’Air Bike è divertente (per chi come me ama la fatica e accosta il divertimento alla fatica) e allo stesso tempo offre un potenziale enorme. Partiamo col dire che l’Air Bike è un’evoluzione della classica bici da palestra. Parlare di evoluzione è riduttivo: l’Air Bike è una vera e propria rivoluzione nel mondo del fitness. La prima cosa che salta all’occhio è l’utilizzo all’unisono delle braccia insieme al movimento ciclico delle gambe. Questo “piccolo” dettaglio rende la bike micidiale: allenamenti più intensi, maggior calorie bruciate, incremento del Vo2max e un adattamento del cuore più rapido e significativo in quanto come abbiamo visto non solo le gambe, ma anche le braccia sono coinvolte durante le pedalate. Ovviamente si potrà decidere di non utilizzare le braccia e quindi pedalare sfruttando la solo forza degli arti inferiori.
Un altro fattore non meno importante è il suo sistema ad aria per opporre resistenza alla pedalata: nella parte anteriore della bici ci sono diverse ventole che appunto, oppongo resistenza e tendono a frenare la pedala. Tanto più veloce e potente sarà il nostro movimento, tanta più resistenza sarà prodotta dall’aria generata sulle ventole e tanta più fatica faremo. Da questo concetto si può ben intuire che la bici diventa un ottimo alleato per svolgere tutti quegli allenamenti ad alta intensità lavorando su metodiche a tempo: svolgere un Tabata o un “Tabata rovesciato” (indicato per i meno esperti lavorando su 10” di lavoro e 20” di recupero per un tot di 4’, invece di eseguire 20” di lavoro e 10” di recupero per un tot di 4’!). Altri lavori a tempo, in base agli obiettivi da voler perseguire e in base alle proprie caratteristiche e al grado di allenamento, potranno essere adattati per sfruttare al massimo il potenziale della Bike. Anche lavori a ripetute dove l’obiettivo non è il tempo ma la distanza, renderà l’allenamento intenso e allenante.
Un altro sistema di allenamento che utilizzo spesso nelle mie sedute è l’EMOM, ovviamente rivisitato: piuttosto che avere come target le ripetizioni da fare all’interno del minuto, in questo caso avremo la distanza o le calorie da dover raggiungere all’interno del minuto. Sia la distanza che le calorie non dovranno essere eccessive; ricordatevi che all’interno del minuto dovreste anche recuperare. La bike sfrutta il suo massimo potenziale proprio in questi lavori ma essa potrà essere utilizzata anche mantenendo un ritmo lento e costante.
L’ultimo fattore di questa bici è che non ha bisogno di corrente elettrica per poter funzionare: come abbiamo visto infatti ha un sistema frenante ad aria. Una semplice batteria invece servirà per il funzionamento e l’utilizzo del mini computer di bordo, che ci avvisa delle Kcal bruciate, della distanza percorsa, dei Watt o degli RPM. Questo fattore non è da sottovalutare in quanto la bike potrà essere utilizzata anche in spazi aperti o comunque in luoghi dove non sempre l’energia elettrica è disponibile. All’inizio l’Assoult Air Bike veniva utilizzata esclusivamente negli allenamenti del CrossFit. Oggi è entrata prepotentemente anche nelle classiche palestre dove la fa da padrona il fitness e non necessariamente la prestazione. Se dovessi fare un paragone con le altre bike sul mercato, questa tipologia è sicuramente la più completa e i costi non si allontanano da una classica bike verticale o da una bici da spinning. Quella che più si avvicina in termini di prestazione all’Air Bike è sicuramente la bici da spinning, un valido attrezzo per potersi allenare e per poter simulare nella maniera più completa gli allenamenti che si svolgono in strada sulla bici da corsa. Essa infatti ha una resistenza che può essere incrementata o diminuita manualmente per simulare la salita o la pianura su strada. Anche nelle forme e nella posizione che si assume sulla bici, grazie alle diverse impugnature per le mani, si simula in toto la pedalata. Un altro importante aspetto è la possibilità di agganciare le scarpe ai pedali in modo da sfruttare al massimo non soltanto la spinta indotta dal quadricipite ma anche la “tirata” proveniente dagli ischiocrurali. Come per l’Air Bike, anche la bici da Spinning non necessita di energia elettrica per il suo corretto funzionamento. All’inizio ho parlato di performance e la bici da Spinning ne migliora di molto le capacità sia in termini di Vo2Max che di miglioramento in termini di resistenza lattacida.
Il terzo genere di bici presente sul mercato è la classica cyclette elettrica: essa sicuramente è un valido strumento da poter utilizzare in palestra, ma se il nostro obiettivo resta la performance è sicuramente meno adatta. È indicata sicuramente per migliorare il proprio livello di fitness e per bruciare le Kcal in eccesso. Oltre a questo la classica cyclette resta limitante se si vogliono fare lavori di ripetute o di interval training. É adatta ad un pubblico che vuole migliorare il proprio livello di fitness, senza troppe pretese.
Esistono due modelli diversi tra loro: la bike verticale e quella orizzontale. La prima si avvicina di più alla classica bici da strada dove i pedali si trovano quasi sotto alla seduta. La seconda invece ha i pedali posti più avanti e quasi alla stessa altezza del sedile. A meno che non si abbiano problematiche alle ginocchia, tra le due consiglio quella verticale in quanto l’angolo da tra coscia e busto resta maggiore. In sostanza non si lavora costantemente con la flessione dell’anca a 90 gradi e con le possibili cause che ne possono derivare in termini di infiammazioni soprattutto alla zona lombare. L’ultimo genere di bici che si può trovare sul mercato è il cicloergometro: questo strumento però rispetto alla cyclette, è un vero e proprio “attrezzo medico” in quanto simula la pedalata di una bike normale ma monitora con precisione lo sforzo compiuto. La bike in questione si utilizza sia per la riabilitazione che per le prove da sforzo per valutare le reazioni del cuore rispetto ad una situazione di riposo o di normalità. Concludendo quanto scritto sopra, se amate la performance e vi allenate per essa vi consiglio l’Assoult Air Bike in modo da rendere i vostri allenamenti non soltanto performanti ma anche fondamentali per un dimagrimento o una composizione corporea migliore e più veloce. Essa non migliora solamente il tono e la resistenza delle gambe (oltre quella cardiovascolare), migliora anche il tono di spalle, dorso, petto, bicipiti e tricipiti. Infatti ad ogni movimento un arto tirerà a sé la maniglia mentre l’altro lo spingerà via. è una vera bici d’assalto!
Non mi resta che augurarvi una buona e performante pedalata.
Supercompensazione e HRV
COME UTILIZZARE LA VARIABILITÀ DELLA FREQUENZA CARDIACA (HRV) PER OTTIMIZZARE IL TUO ALLENAMENTO
Si sa che l’allenamento per essere efficace deve apportare delle modifiche sullo stato dell’organismo. Attraverso il meccanismo della supercompensazione il nostro corpo è infatti in grado di adattarsi allo stress fisico dell’allenamento. Tale stress a sua volta per portare a migliorare la propria prestazione e poter essere definito allenante deve essere effettuato nella giusta condizione e con dei carichi adeguati all’età e alla condizione dell’individuo. Oggi attraverso valutazioni sempre più attendibili è addirittura possibile capire il tipo di carico allenante quotidiano; ci sono infatti numerosi studi attraverso il controllo dell’HRV (Heart Rate Variability) – variazione della frequenza cardiaca – che permettono di monitorare lo stato di salute psicofisica del soggetto in modo continuativo. Questo rappresenta un grande vantaggio per modificare il carico allenante senza il rischio di provocare stati di stress negativo o tossico per l’organismo. Procediamo dunque ad una analisi più approfondita dell’HRV.
Che cos’è la variabilità della frequenza cardiaca?
La variabilità della frequenza cardiaca è la variazione di tempo tra i battiti del cuore. Se ipotizziamo che la tua frequenza cardiaca è di 60 battiti al minuto, in realtà non batte una volta al secondo. All’interno di quel minuto potrebbero esserci 0,8 secondi tra due battiti, ad esempio, e 1,10 secondi tra altri due. Maggiore è questa variabilità, più il tuo corpo è predisposto ad eseguire prestazioni di alto livello. Questi periodi di tempo tra battiti cardiaci successivi sono noti come intervalli RR (chiamati per la fase R del battito cardiaco, i picchi che vedi su un ECG), misurati in millisecondi. La variabilità della frequenza cardiaca (HRV) è una straordinaria metrica per misurare “quanto e quando” il tuo corpo è pronto ad adattarsi e ad esibirsi nello sport.
Quali sono le cause della variabilità della frequenza cardiaca?
parasimpatico vs simpatico Sebbene l’HRV si manifesti in funzione della frequenza cardiaca, in realtà ha origine dal sistema nervoso. Il sistema nervoso autonomo, che controlla gli aspetti involontari della nostra fisiologia, ha due rami, parasimpatico (disattivante) e simpatico (attivante). Il ramo parasimpatico (spesso indicato come “riposa e digerisci”) gestisce gli input dagli organi interni, come la digestione, la crescita dei capelli, il riposo ecc., provocando una diminuzione della frequenza cardiaca. Il ramo simpatico (spesso chiamato “lotta o fuga”) riflette le risposte a condizioni come lo stress e l’esercizio fisico e aumenta la frequenza cardiaca. La variabilità della frequenza cardiaca deriva da questi due rami in competizione che inviano simultaneamente segnali al cuore. Se il tuo sistema nervoso è equilibrato, al tuo cuore viene costantemente detto di battere più lentamente dal tuo sistema parasimpatico e di battere più velocemente dal tuo sistema simpatico. Ciò provoca una fluttuazione della frequenza cardiaca: HRV.
Omeostasi e allostasi
Il nostro corpo si sforza costantemente per mantenere un equilibrio biologico chiamato “omeostasi” attribuibile a input concorrenti dai rami simpatico e parasimpatico del Sistema Nervoso Autonomo (ANS). Quando invece il corpo mantiene l’equilibrio rispondendo e adattandosi agli stimoli esterni, si parla di “allostasi”. La spinta all’equilibrio allostatico è potente, quindi se il tuo recupero è basso probabilmente sentirai poco il bisogno di allenarti poiché il tuo corpo vuole usare tutte le sue risorse disponibili per riportarti in omeostasi. In questi momenti l’esercizio fisico devierà tutta l’energia lontano dal recupero e verso il soddisfacimento delle esigenze energetiche dell’allenamento. Se tale pratica viene ripetuta nel tempo si può andar incontro alla “sindrome da sovrallenamento”.
Perché il parametro HRV è legato al fitness?
Un HRV ALTO significa che il corpo è reattivo a entrambi i set di input (parasimpatico e simpatico). Questo è un segno che il tuo sistema nervoso è equilibrato e che il tuo corpo è molto capace di adattarsi al suo ambiente e di funzionare al meglio. HRV BASSO significa che un ramo è dominante (di solito il simpatico) e invia segnali più forti al tuo cuore rispetto all’altro. Tuttavia, se non stai facendo qualcosa di attivo, un HRV basso indica che il tuo corpo sta lavorando duramente per qualche altro motivo (forse sei stanco, disidratato, stressato o malato e hai bisogno di recuperare). Per vederlo in un altro modo, meno un ramo domina l’altro, più spazio c’è affinché il ramo simpatico (attivatore) possa entrare e dominare, motivo per cui l’HRV alto suggerisce che sei in forma e in fase di SUPERCOMPENSAZIONE, il momento ottimale per inserire il successivo allenamento (crescita ipertrofica).
Il parametro HRV è altamente soggettivo
La variabilità della frequenza cardiaca è una metrica estremamente sensibile. Varia notevolmente durante il giorno, da un giorno all’altro e da una persona all’altra. I giovani tendono ad avere un HRV più alto rispetto agli anziani e i maschi hanno spesso un HRV leggermente più alto delle femmine. Gli atleti d’élite di solito hanno una maggiore variabilità della frequenza cardiaca rispetto agli sportivi non agonisti, e all’interno di questo sottoinsieme gli atleti di resistenza hanno regolarmente un HRV più alto rispetto agli atleti basati sulla forza. L’HRV non ha un valore assoluto per tutti, ma ognuno ha la sua media. Quando inizi a utilizzare un monitor della variabilità della frequenza cardiaca, potresti notare che la tua HRV varia notevolmente da un giorno all’altro. Ad esempio, se stai adottando misure per migliorare la tua forma fisica e la salute generale, nel tempo dovresti vedere un aumento graduale della variabilità media della frequenza cardiaca. Allo stesso modo, vale la pena prestare attenzione a una tendenza al ribasso della tua HRV per diversi giorni. Tra le altre cose, potrebbe essere un segno che ti stai allenando troppo duramente, non dormi abbastanza, ti ammali, mangi male o non ti idrati adeguatamente.
I fattori che influenzano la variabilità della frequenza cardiaca
Ci sono un gran numero di cose che influiscono sulla tua HRV, suddivisibili in tre categorie: fattori di allenamento, fattori di stile di vita e fattori biologici. I fattori di allenamento includono la frequenza, l’intensità, stimoli sconosciuti e il bilancio tra workout e riposo dei tuoi allenamenti. I fattori dello stile di vita influenzano in modo significativo la variabilità della frequenza cardiaca, che vanno da ciò che metti nel tuo corpo, alla qualità e alla costanza del tuo sonno. È stato dimostrato che periodi di stress cronico generano un incremento delle frequenze cardiache nella fascia di bassa frequenza con una perdita di attività in quella elevata, rispecchiando il naturale incremento dell’attività del sistema Simpatico a scapito di quello Parasimpatico. La conoscenza da parte di uno sportivo, di questo dato, può conferire un grande vantaggio per dimensionare la quantità e la qualità degli allenamenti prima che si manifestino effetti cumulativi psicofisiologici, sotto forma di spossatezza o di decremento delle prestazioni atletiche. E infine, ci sono i fattori biologici che sfuggono al tuo controllo, come l’età, il sesso e la genetica.
Come migliorare la variabilità della frequenza cardiaca
I metodi per aumentare l’HRV includono quanto segue:
- Formazione intelligente - Esecuzione di un allenamento sano e progressivo nel carico rispettando le fasi di recupero.
- Idratazione - Più sei idratato, più è facile per il tuo sangue circolare e fornire ossigeno e sostanze nutritive al tuo corpo.
- Evita l’alcol - L’alcool è una molecola inutile per il nostro corpo, in quanto non può essere utilizzata per fini energetici. Una notte di bevute può influire negativamente sulla HRV per un massimo di 5 giorni
- Dieta sana costante - Una cattiva alimentazione ha effetti negativi sull’HRV, così come mangiare in momenti imprevisti.
- Sonno di qualità - Non è solo la quantità di sonno che conta, ma anche la qualità e la costanza del sonno.
- Autoregolazione - In generale, è utile cercare di mantenere il tuo corpo su un programma coerente (in particolare con il sonno e il mangiare). Il tuo corpo fa le cose in modo più efficiente quando sa cosa sta arrivando.
HRV e supercompensazione
Gli studi hanno dimostrato che la variabilità della frequenza cardiaca può essere uno strumento prezioso per ottenere il massimo dal tuo allenamento. Dopo giorni di attività faticosa, la tua HRV diminuirà. Con un riposo e un recupero adeguati, la variabilità della frequenza cardiaca aumenterà, facendoti sapere quando è di nuovo il momento di allenarti. Piuttosto che attenersi a un programma di allenamento predeterminato, modificare l’intensità e la durata dell’esercizio in base alla variabilità della frequenza cardiaca ti consentirà di allenarti in modo più intelligente ed efficiente. Quando la tua HRV è alta, il tuo corpo è pronto ad affrontare un carico di lavoro maggiore. Quando è basso, è segno di ridurre.
APP e accessori di monitoraggio HRV
L’accessorio più utilizzato dagli atleti d’élite, è il sensore toracico (fascia cardio) di frequenza cardiaca di alta precisione, che si adatta ad essere utilizzato in tutte le discipline sportive. Dotato di trasmissione Bluetooth, si connette alle principali App (Elite HRV). Per effettuare il test HRV si deve rimanere nella stessa posizione, rilassati, per tutta la durata della misurazione. Preferibilmente sempre alla stessa ora e appena svegli. L’app avrà bisogno di un certo numero di giorni di misurazioni basali, prima di poter dare dei valori sul SNA parasimpatico/simpatico. Per avere una valutazione attendibile il test dovrà durare dai 3 ai 5 minuti.
CONCLUSIONI
I fisiologi dell’esercizio hanno scoperto la connessione tra i livelli di HRV di base, prima dell’allenamento e il miglioramento delle prestazioni atletiche.
Una recente serie di studi su atleti d’élite ha dimostrato che l’HRV può essere utilizzato per monitorare il sovrallenamento ed evitare così d’incorrere verso situazioni croniche irreversibili. Il monitoraggio dell’HRV sta diventando sempre più popolare tra gli atleti e il loro staff di allenamento, in quanto è una metrica facile da misurare che permette di ottenere informazioni ad ampio raggio, al fine di consentire uno sport sano, sicuro ed efficiente.
TruckFit, la prima palestra itinerante d'Italia
LA STORIA DI UNA GRANDE OPPORTUNITÀ RACCONTATA DAI SUOI IDEATORI
Mi presento, sono Alessio Proietti e il mio percorso è iniziato da qui: un parco, una sbarra e due parallele! Sembra così assurdo, direte voi, eppure è proprio in quel non avere nulla che abbiamo tutto. L’allenamento outdoor mi ha sempre appassionato. Mi piace la libertà e la sensazione di contatto con la natura che mi da’ una carica pazzesca e mi fa essere completamente me stesso in linea con i miei obiettivi e il mio focus di allenamento.
L’idea di una palestra mobile mi frullava in testa già da parecchi anni. Un luogo senza mura in grado di poter unire più persone ovunque, era una cosa meravigliosa ed incredibile allo stesso tempo però, per forza maggiore, l’avevo abbandonata e con il mio socio Giulio, nel corso degli anni, abbiamo aperto due centri di allenamento funzionale & Calisthenics i quali andavano anche abbastanza bene prima della pandemia...Pandemia che ha preso a brutto muso soprattutto noi dello sport. Durante la seconda ondata lanciai a Giulio questa domanda a bruciapelo: “Perché non montiamo un rack su un furgone così da poterci allenare ovunque?... Pensa che figo: oggi zona Eur, domani al mare, dopodomani in montagna ecc.”
Da quel pensiero così piccolo e folle e senza speranza visto da molti (da chi non si allena o non ha la stessa visione) divenne un progetto studiato nei minimi particolari così incredibile da volerlo provare a tutti i costi e così nacque tutto! Di base non tutti siamo aperti alle novità, molti hanno paura dell’ignoto, altri sono di natura scettici, ma sinceramente, non mi sarei mai aspettato un risultato del genere perché la realtà ha superato anche la mia fantasia! Giulio in poco tempo riuscì a realizzare la mia idea, e dalla carta alla realtà concreta il gioco fu semplice! Il nostro TRUCKFIT era proprio lì davanti a me! Mi sentivo come un bambino a cui viene regalato un qualcosa di molto prezioso. L’emozione di veder concretizzata un’idea è davvero tanto forte specie quando in questa idea ci metti tutto te stesso senza filtri, senza inganni. Non è stato per niente facile, ve lo assicuro! Per nostra fortuna, nel corso della nostra carriera, abbiamo incontrato e allenato persone di ogni settore e questo ci ha permesso di poter chiedere loro una mano nella realizzazione del progetto: dall’ingegnere al falegname, dal fabbro al wrapping che pezzo dopo pezzo hanno reso possibile la realizzazione di quello che ad oggi è il nostro orgoglio. Chi avrebbe mai immaginato che da quel mini disegno sarebbe nata una cosa così grandiosa.
MA CHE COS’È IL TRUCKFIT?
Truckfit è una vera e propria palestra mobile! Rack per squat e panca, barre per trazioni e muscle up, kettlebell di ogni taglia, clave, steelmace trx e tutto quello che serve per l’allenamento funzionale! Dal lunedì al venerdì abbiamo diverse tappe in giro per Roma invece il week end abbiamo la possibilità di girare l’Italia per workshop o eventi.
Che tipo di Allenamento si può svolgere?
Come già accennato sopra, da noi potrai allenarti con il vero allenamento funzionale! Grazie a FIF e ai nostri trascorsi formativi abbiamo creato dei protocolli di allenamento dove al centro c’è il singolo individuo. In una singola lezione alleniamo atleti e persone che sono alle prime armi grazie a progressioni e regressioni studiate ad hoc in base alla complessità dell’esercizio. La lezione è composta da: riscaldamento generale, riscaldamento specifico, didattica degli esercizi presenti nel workout con le diverse pratiche delle progressioni e delle regressioni; segue poi il workout di 20/30 minuti e infine il cool down. La programmazione è improntata su una preparazione fisica generale ma rispettando ogni singolo aspetto dell’allenamento, a rotazione lavoreremo su ogni movimento primordiale del corpo così da alternare il lavoro su tutti gli schemi motori dai più semplici ai più complessi. Un giorno si lavorerà più su la forza, un giorno più sul condizionamento metabolico, un giorno potremmo prediligere un mix di esse, mantenendo sempre il focus sull’alternanza all’interno dela settimana di giorni più “intensi” e giorni “meno intensi“ così da permettere al corpo di recuperare al meglio tra una sessione e l’altra.
Qual’è il nostro obiettivo?
Per prima cosa creare una community di persone che abbiano lo stesso obiettivo ovvero migliorarsi e divertirsi, perché la chiave di tutto e amare ciò che si fa! Se si entra in un ambiente famigliare, dove ci si aiuta, dove non hai paura di dire: “questo esercizio ancora non riesco a farlo”; un ambiente dove anche al di fuori del TRUCKFIT si creano rapporti, rapporti che in questo periodo ci sono stati fortemente negati; uno spazio in cui hai sempre più voglia di tornarci, di allenarti e dare il massimo! Il Secondo obiettivo è avere uno o più TRUCKFIT in diverse città d’Italia che seguano la stessa programmazione e un unico filone di pensiero....stiamo lavorando per voi! Qual’è il nostro punto forte? Siamo due Coach che non hanno paura di affrontare nuove sfide, ci mettiamo sempre in gioco e ci aggiorniamo ogni anno: in pochi mesi ho seguito 4 corsi FIF e ne farò altri molto presto. Siamo due professionisti che hanno tanta voglia di far migliorare le persone, cercando di andare sempre incontro alle loro esigenze (incontro nel vero senso della parola). Siamo due ragazzi appassionati che amano senza limiti ciò che fanno!
Ecco un esempio di 3 workout rispondenti a 3 diversi obiettivi. La scelta di 3 giorni risponde alle tappe che il nostro protocollo di allenamento prevede per ogni singolo luogo raggiunto
A) Strength Circuit
1. 5 Pull up (se possibile con sovraccarico)
2. 5 DB KT Squat
3. 5 Floor Press
4. 5 Heavy Swing x 3 round con un recupero di 2 minuti (utilizzare un carico con il quale si riescono a fare 8 ripetizioni)
• Piccolo Condizionamento metabolico come finisher
12’ EMOM:
1’ 15 pull plank a terra
2’ 10 burpees
3’ 20 side leg trhu
B) Lavoro ad alta intensità sulla base del lavoro di forza svolto nel giorno A
Utilizzeremo il protocollo TABATA (20” on + 10” off x 8 giri) per singolo esercizio,con un recupero di 1’ tra un esercizio e l’altro.
1. Pull Up
2. Push Up
3. Swing Alternato
4. Circle Clean (per aggiungere un movimento di rotazione)
C) Lavoro complementare sui movimenti che non abbiamo svolto in questa settimana:
20’ di AMRAP
• 8 Bent Row
• 8 Press
• 16 Front Lunge
• 50 Double under o 100 single under
AFAP 150 Butterflay Sit Up time cup 5’
L'allenamento al femminile visto da Sara Ventura
DA EX-TENNISTA PROFESSIONISTA A DOCENTE SPECIAL GUEST DELLA FIF: INTERVISTA A SARA VENTURA IDEATRICE DEL NUOVO FORMAT FEDERALE DI ALLENAMENTI AL FEMMINILE.
Da un incontro alchemico, quello tra la Federazione e Sara Ventura, nasce la condivisione di un’idea che in brevissimo tempo si è trasformata in un nuovo e avvincente corso di formazione dedicato al mondo femminile. Ma chi è Sara Ventura? Sara Ventura è una ex tennista professionista con all’attivo 15 titoli italiani in carriera. Il suo miglior posizionamento è stato 250 WTA nella classifica internazionale e 2.1 per anni nella classifica italiana. Prima come atleta professionista e poi come coach e trainer, Sara Ventura ha da sempre fatto dell’allenamento di qualità e della cura del corpo il proprio lavoro. Oggi è una manager affermata in un settore dominato dagli uomini, titolare e direttore tecnico di uno “spazio” che porta il suo nome; in realtà si tratta di una location che si pone in antitesi alle grandi palestre e alla loro visione di training collocandosi in una dimensione creativa a 360 gradi, unendo il concetto innovativo di corpo, arte e fashion.
Ciao Sara e benvenuta nella FIF Academy, in qualità di ideatrice del nuovo format di allenamenti al femminile della Federazione Italiana Fitness, potresti spiegarci come è nato e le sue caratteristiche principali?
Il fitness femminile ha bisogno di una nuova filosofia. Dovremmo uscire da vecchi schemi prestabiliti dove l’idea di utilizzare pesi per una donna, è associata al diventare grossa. Bisogna riscrivere quella che è la grammatica allenante, dove invece valori come la qualità dei movimenti, il cambiamento continuo e l’intensità del lavoro, siano i fattori essenziali del nostro programma. Non ci sono solo allenamenti ad intervalli, oppure obiettivi come la velocità di esecuzione. C’è un mondo dietro ad esercizi ogni volta diversi, cambi di prese, posizioni, attrezzi ed impugnature. Non bisogna mai finire di sperimentare nuovi linguaggi fisici. Io voglio fare questo. Le donne devono pensare che il loro allenamento non è più leggero rispetto agli uomini, ma semplicemente differente. Questo ci da’ un valore maggiore e non toglie come invece sembrerebbe, qualcosa a livello di potenza o prestazione. Siamo noi le prime che dobbiamo iniziare a crederci.
Nel campo del Fitness e del Wellness in che cosa si distingue il tuo format? Da cosa è data la sua unicità?
Il mio format è sicuramente unico. Non ci sarà un allenamento uguale agli altri. Le tecniche allenanti saranno differenti non solo da ciò che si vede abitualmente, ma anche durante i singoli giorni passati insieme. Vorrò dai ragazzi che parteciperanno grande umiltà e capacità nel mettersi in gioco. Sperimentare e sperimentarsi è la base del mio lavoro, sotto diversi punti di vista. Non si finisce mai di imparare, questa è la frase che ripeto a me stessa ogni giorno e che vorrei arrivasse forte e chiara a chi vuole fare nella vita, della sua passione, un lavoro.
Come è possibile raggiungere la massima prestazione o i propri obiettivi allenanti tramite l’utilizzo del tuo metodo di allenamento?
Con tanta passione, costanza e disciplina. Questi sono fattori essenziali per raggiungere qualunque obiettivo personale. Come non bisogna mettersi pressione nel giudicare le nostre performance, allo stesso modo bisognerebbe prendere coscienza che nessuno ci regala nulla nella vita. Diventa essenziale assumersi le responsabilità di ogni scelta che facciamo. La qualità delle nostre scelte ci definisce come persone, oltre che come professionisti. La disciplina non dovrebbe essere qualcosa di controllante che “limita” il nostro talento, ma al contrario, un aiuto ad esaltarlo. A vederlo fiorire. Senza disciplina il talento non produce risultati, si possono ottenere delle soddisfazioni, ma la strada del cambiamento è fatta di costanza e piccole conquiste quotidiane.
Nel concreto, quali sono gli strumenti e le tecniche utilizzati per migliorare la prestazione?
E quali tra questi è stato applicato con successo nei tuoi allenamenti da tennista? Nei diversi weekend utilizzeremo Kettlebell, manubri. Lavoreremo solo con il nostro corpo e con attrezzatura libera. Il punto focale, oltre la tecnica dei differenti movimenti, che non va assolutamente sottovalutata, sarà uno sguardo generale sul creare un’armonia nelle forme del corpo femminile spesso trascurata. Le donne dovrebbero imparare a rispettare il proprio corpo, portando uno sguardo reale rispetto alla propria conformazione. Bisognerebbe cercare attraverso l’allenamento di esaltare i punti di forza distogliendo finalmente lo sguardo dai punti deboli. A volte basta cambiare la prospettiva, renderla meno giudicante per capire che ci sono differenti percorsi da seguire per arrivare ad accettarsi e finalmente “riconoscersi” in un corpo che è il nostro e non in quello che appare perfetto in altri.
Nel panorama italiano a chi si rivolge il tuo corso di formazione?
Si rivolge a chiunque abbia passione per il corpo, l’arte e il movimento come me. Non importa il livello di partenza, vorrei che questo corso fosse uno stimolo “creativo” per iniziare un cambiamento importante nella vita di ognuno. Come utilizzare gli strumenti che io metterò a disposizione, sarà una scelta libera da parte di ognuno. Sicuramente tutti ne usciremo arricchiti, non solo fisicamente ma interiormente. Una frase che mi ha dato sempre grande motivazione nella vita è: “Fare è l’unico modo per cambiare”. Quindi, iniziamo insieme.
Come definiresti la tua esperienza come coach e personal trainer? E quanto della tua esperienza hai riportato in questo corso?
Ritengo fondamentale tre aspetti nella mia vita e nel mio essere coach. Come prima cosa, la carriera da tennista. Il tennis è stata la mia vita per anni. Mi ha cresciuto, formato e dato la forza mentale per reggere qualsiasi tipo di pressione nella vita. Devo tanto a questo sport. Seconda cosa, la mia formazione tecnica. Ho fatto veramente tanti corsi di formazione in diverse discipline. Se si guarda il mio CV ho iniziato frequentando praticamente tutti i corsi della FIF ed è per questo che sono entusiasta di iniziare una collaborazione oggi con voi. In seguito ho spaziato dal CrossFit, al Pilates, e infine ho conseguito il diploma di Istruttore di Alzate Olimpiche e via dicendo… Non smetterò mai di “studiare” e provare su me stessa, prima di tutto, tecniche nuove. Ritengo questo aspetto fondamentale. Ultima cosa, ma non ultima d’importanza certamente, il lavoro su me stessa come persona. Ho fatto analisi per anni ad intervalli nella mia vita e ancora la faccio. L’essere coach richiede un lavoro su se stessi costante. ènecessario avere dei punti di riferimento esterni che facciano un lavoro di supervisione rispetto ai meccanismi che inevitabilmente si muovono con i clienti oppure nelle scelte professionali. È necessario arrivare puliti, neutri, davanti ad ogni situazione. Solo in questo modo è possibile vedere il percorso migliore ed aiutare a realizzarlo sia per se stessi che rispetto alle persone che si affidano a noi. Questo aspetto viene a volte trascurato. Si pensa che essere dei buoni atleti o dei tecnici esemplari ci renda dei bravi coach. In realtà questo non è sufficiente. Nel fitness moderno dobbiamo dare spazio all’integrazione come individuo nella sua totalità prima ancora di avvicinarci al concetto di “prestazione” o meglio di forma fisica.
Quale unico, grande “perché” suggeriresti ai nostri utenti per motivarli a partecipare al tuo corso ideato in esclusiva per la FIF?
Perché scegliete me come coach? Chi mi sceglie e sceglierà questo percorso insieme deve aver coscienza che la mia filosofia porta con sé un’altra grande passione: l’arte. “Il corpo come forma d’arte” sarà la narrazione culturale di questo percorso insieme. C’è bisogno di introdurre temi più complessi nel mondo del fitness che uniscano e vedano il corpo non a parti separate, ma un tutt’uno con la nostra interiorità. A parer mio solo attraverso questa visione possiamo realizzare la versione migliore di noi.
Parole queste che esprimono il senso vero della “Forza” al femminile: la forza di una donna come Sara Ventura, una miscela di profonda umanità e di grande intelligenza emotiva che ci rende felici ed onorati di averla nel FIF team dei Trainer Special Guest!
Allenamento fitness rivolto agli over 70
IL CONCETTO DI ALLENAMENTO PER LA TERZA ETÀ RIVALUTATO E RIADATTATO ALLA NOSTRA EPOCA
Oggi l’aspettativa di vita, rispetto a cinquant’anni fa, è decisamente aumentata. Un soggetto senior informato, ligio alla propria alimentazione e fisicamente attivo potrebbe non essere lo stereotipo di anziano che conosciamo. In effetti occorrerebbe rivedere lo stesso concetto di terza età adeguandolo alla nostra epoca. Oramai gran parte dei lavori manuali sono stati sostituiti dalle macchine e questo, assieme a una maggiore prevenzione, ha reso più longeva la popolazione.
Dalla mia esperienza posso testimoniare come sia possibile avere a che fare con gli over settanta che conservano ottimi livelli di fitness, in alcuni casi superiori a trentenni e ventenni sedentari. Soggetti che vengono da una vita dedita allo sport, in grado di eseguire esercizi complessi e alquanto impegnativi come trazioni alla sbarra, dip alle parallele o squat pesanti. Evidentemente per rendere possibili tali performance occorre comprendere che l’esercizio fisico sia indispensabile quanto il cibo, farlo con la giusta intensità e costanza. E seppur questo non rappresenti la regola, nei casi in cui lo fosse, va sottolineata la centralità del movimento e dei benefici che comporta anche a distanza di anni. Fatta questa premessa, la regola vuole che nella maggior parte dei casi il soggetto presenti diverse problematiche che vanno trattate in maniera funzionale. Occorrerà quindi intervenire in modo personalizzato adattando l’esercizio fisico alle esigenze dell’anziano. Essi necessiteranno di un sensato protocollo che si prefigga di migliorare la loro qualità di vita. L’esercizio fisico rappresenta la migliore forma preventiva nei confronti di osteopenìa, osteoporosi, sarcopenia, ipercolesterolemia (vi è una correlazione inversa tra colesterolo, attività fisica e livello di salute), ipertensione, cardiopatie, sovrappeso, neoplasie e diabete di tipo 2, giusto per citarne alcune delle principali patologie. Eppure, nonostante queste evidenze scientifiche, via via che si invecchia si riducono i giorni e quindi le ore dedicate all’attività fisica. Per esempio si ritiene che solo il 10-20% della popolazione di Stati Uniti, Canada, Australia e Regno Unito, pratichino attività fisica a livello compatibile con un effetto preventivo nei confronti dello sviluppo della malattia cardiovascolare (Mc Ardle W.D., Katch F.I. & Katch V.L. “Fisiologia applicata allo sport” - Casa editrice Ambrosiana, 1998). Quindi è fondamentale migliorare il livello di fitness della popolazione con un occhio di riguardo ai soggetti fragili che con l’età vengono sottoposti a notevoli rischi per la salute. Ricordo per esempio che una frattura da osteoporosi al femore, che a seconda della gravità del quadro clinico può avvenire anche senza caduta e impatto al suolo, potrebbe significare invalidità e/o morte. Al riguardo la ricerca scientifica ci dice che la migliore forma di prevenzione per far sì che le ossa si mantengano forti e dense, è il lavoro con i pesi. Tale attività, se giustamente dosata e monitorata, rappresenta una soluzione superiore al nuoto e alla corsa (Drinkwater B.L. “Physical activity, fitness and osteoporosis”, Humasn Kinetics, 1994).
Le capacità funzionali e la perfomance fisica cominciano a calare dopo i trent’anni e l’entità di tale diminuzione varia soprattutto in base al livello di attività fisica. Questa ci permette miglioramenti tangibili e misurabili come un abbassamento della frequenza cardiaca oltre che un aumento del tonnellaggio a cui possiamo sottoporre in totale sicurezza i muscoli dei nostri clienti senior. Il protocollo che sotto esporrò coniugherà diversi metodi allenanti per ottenere risultati a trecentosessanta gradi.
Ecco cosa si prefigge il training adattato a soggetti over settanta che ho ideato:
• Miglioramento della fitness cardiovascolare: ciò comporterà maggiore resistenza e minore affaticabilità, abbassamento della frequenza cardiaca sia a riposo che sotto sforzo.
• Miglioramento della forza: di tutti i distretti con particolare attenzione agli arti inferiori. Si può aumentare la forza agendo sul concetto di tonnellaggio (volume) anche senza incrementare significativamente il carico sul bilanciere (intensità).
• Miglioramento della mobilità: in tal modo le articolazioni ridurranno la loro resistenza, aumenteranno il ROM e la lubrificazione sinoviale, i muscoli che le attraversano saranno più elastici.
• Miglioramento dell’equilibrio: per allenare tale capacità occorre agire su piede, vista e udito, sono infatti queste le parti responsabili del suo mantenimento. Noi agiremo qui riducendo la stabilità, quindi sulla base d’appoggio e sulla vista, per esempio chiudendo gli occhi. Il tutto senza inficiare sulla sicurezza del work out per ridurre al minimo il rischio cadute.
• Miglioramento della propriocezione: capacità di percepire il proprio corpo rispetto allo spazio. Lo si può fare su tutti i distretti ma noi agiremo principalmente sul piede, parte anatomica di estrema importanza, come visto poco sopra nel concetto di equilibrio.
MESOCICLO FITNESS CARDIO-VASCOLARE
Lavoro di resistenza aerobica, con inizio molto blando e progressivo graduale incremento nell’arco delle settimane successive.
Note: a partire dal secondo meseciclo, per incrementare l’intensità, si passa da Cooper a Karvonen, che sviluppa una frequenza cardiaca superiore del 10-15%.
MESOCICLO FORZA MUSCOLARE
In parte utilizziamo esercizi coi macchinari e in parte a corpo libero per rendere i muscoli più forti, consci che la principale causa di disabilità nell’anziano e proprio la perdita di forza.
Note: solo nell’ultima settimana, la quarta, si aumenteranno i carichi del 10% circa. Nelle prime tre settimane l’aumento della forza viene indotto dall’aumento del volume di lavoro. Ecco che, per esempio, dalla prima settimana in cui facciamo 3 x 6 di squat a corpo libero, si passa a 5 x 6 nella terza. Dunque da un totale di 18 reps si passa a 30. Ipotizzando un soggetto di 75 kg di peso, si passerà da un tonnellaggio di 1350 kg (3 x 6 x 75 kg a 2250 kg (5 x 6 x 75 kg).
MESOCICLO MOBILITÀ ARTICOLARE
Intendiamo agire su tutte le articolazioni, comprese quelle che generano le vertebre. Migliorare la mobilità articolare non renderà solo più fluidi i movimenti ma aumenterà persino la forza. Come evidenziato sotto, inseriremo sia esercizi di stretching statico che dinamico.
Note: si è partiti da 3 serie da 30 secondi della prima settimana a 5 x 40 secondi della quarta. Questo per garantire come i restanti protocolli, uno stimolo via via crescente che possa indurre un adeguato adattamento.
MESOCICLO EQUILIBRIO E PROPRIOCEZIONE
Lavorare e migliorare l’equilibrio (capacità coordinativa speciale) consente di prevenire cadute e fratture. La propriocezione, che possiamo considerare come una forma di maggiore e migliore percezione del corpo nello spazio, ci consente di agire su microcircolo e propriocettori (muscolo-scheletrici come i fusi neuromuscolari e tendinei come gli organi tendinei del Golgi - GTO).
Note: anche qui si è gradualmente aumentato il volume totale di lavoro andando ad agire soprattutto sui distretti inferiori. è infatti partendo da queste aree e dal piede, suo elemento pivot, che si migliora la deambulazione, la posizione ortostatica e si contrasta lo sbilanciamento limitando il rischio di cadute.
Relazione tra infortunio ed allenamento in fase eccentrica
UN FOCUS SULL’EVENTO PIÙ TEMUTO DAGLI ATLETI E DAI PREPARATORI ATLETICI. DALLE PRINCIPALI FORME DI LESIONI MUSCOLARI ALLE STRATEGIE PIÙ EFFICACI PER RIDURNE IL RISCHIO.
L’infortunio muscolare nelle prestazioni sportive è sicuramente l’evento più temuto non solo dagli atleti ‘’attori principali’’ ma anche dai preparatori atletici ed allenatori. Bisogna porsi una domanda: esiste una relazione tra infortunio e regime di contrazione? Iniziamo però col classificare le varie forme di lesioni muscolari:
• La Contrattura: indurimento del muscolo a causa di una contrazione involontaria. Di per sé si tratta di un meccanismo di autodifesa del nostro corpo, messo in atto quando il tessuto muscolare viene sollecitato con un carico eccessivo e che va oltre il suo limite di sopportazione fisiologico, un vero e proprio trauma indiretto che di solito si risolve con riposo nell’arco di una settimana.
• Lo Stiramento: siamo in presenza di un eccessivo allungamento delle fibre muscolari. Lo stiramento muscolare, detto in termini medici anche “elongazione”, è una lesione muscolare di lieve o media entità e generalmente provoca anche la comparsa di ematoma per la rottura dei vasi capillari.
• Lo Strappo: rottura delle fibre muscolari, si tratta di una lesione piuttosto grave che provoca la lacerazione delle fibre che vanno a costituire il muscolo, a seconda dell’importanza lo strappo muscolare viene classificato in gradi a seconda della quantità di fibre coinvolte.
- Primo grado: riguarda le lesioni muscolari di alcune fibre e sono caratterizzate dalla presenza di dolore avvertito solamente nella fase di contrazione del muscolo. Ha una durata di circa una settimana e non ha bisogno di terapie.
- Secondo grado: anche in questo caso la lesione interessa solo alcune fibre ed è caratterizzata dalla comparsa di un ematoma e dalla presenza di dolore che aumenta progressivamente nei giorni. È necessario un approfondimento diagnostico per localizzare la lesione e definire i tempi di recupero (Ecografia).
- Terzo grado: è la condizione più grave poiché ritroviamo protagonista la rottura di tutte le fibre muscolari. Questo stadio è caratterizzato da sintomo di impotenza, dolore acuto, ematoma. È opportuno seguire un iter medico e le specifiche terapie. Sicuramente l’evento traumatico al di là dell’entità del danno determina una sospensione temporanea dell’attività agonistica.
Si possono ridurre i rischi di infortuni oltre le buone pratiche di riscaldamento e stretching?
Studi recenti hanno dimostrato che l’allenamento eccentrico può ridurre il rischio di infortunio muscolare. (O’ Sullivan et al. the effects of eccentric training on lower limb flexibility: a systematic review. br j sports med. 2012 sep.; 46(12): 838-45.) L’allenamento eccentrico ha dimostrato di essere un valido metodo per aumentare la flessibilità. Alcuni ricercatori hanno suggerito la possibilità che le ripetizioni eccentriche possano essere più efficaci dello stretching statico per il miglioramento della flessibilità. Questo perché ad oggi esistono evidenze limitate in grado di confermare l’efficacia dello stretching come pratica per prevenire gli infortuni o ridurre il rischio che si ripresentino. Al contrario, è stato proposto che l’allenamento eccentrico possa migliorare la forza e ridurre il rischio infortuni, nel contempo facilitando l’aumento della flessibilità tramite la sarcomerogenesi, ovvero la crescita dei sarcomeri ovvero l’unità contrattile del tessuto muscolare striato. Queste analisi hanno rilevato che le ripetizioni eccentriche possono, ad esempio, aumentare la mobilità dell’anca in media del 22%. È stato rilevato che il ROM (Range Of Motion, ossia i gradi di libertà permessi da una specifica articolazione) di tutte le articolazioni misurate è aumentato di almeno 13 gradi. Il motivo di questa efficacia sarebbe dovuto al fatto che il movimento eccentrico è in grado di provocare la crescita delle fibre muscolari, aumentando i sarcomeri in parallelo all’interno di un muscolo, ovvero il muscolo si allunga favorendo una maggiore flessibilità; è il caso di ricordare che la contrazione eccentrica è in grado di generare più forza rispetto alle altre modalità di lavoro.
Questa differenza di forza equivale a circa il 30-40% in più rispetto alla contrazione isometrica, a sua volta superiore del 10-15% alla contrazione concentrica e quindi la forza nella contrazione eccentrica supera di 40-55% quella nella contrazione concentrica.
La causa principale dell’evento traumatico a livello muscolo tendineo avviene quasi nella maggior parte dei casi nella fase di una contrazione eccentrica ovvero ad un iperallungamento della struttura muscolo tendinea.
Quindi perché non usare la contrazione in regime eccentrico per fare prevenzione?
Durante una contrazione eccentrica il muscolo si trova in una condizione di over stretching; tutto ciò colpisce soprattutto i muscoli pluriarticolari quando si trovano in una situazione in cui devono controllare dal punto di vista chinesiologico il ROM e più articolazioni appunto nella fase di contrazione eccentrica. Inoltre dal punto di vista istologico, le fibre fast-twich (fibre a contrazione veloci o bianche) sono quelle più colpite rispetto alle slow-twich (fibre a contrazione lenta o rosse), probabilmente perché hanno una maggiore capacità contrattile, quindi maggiore produzione di forza e di velocità di contrazione.
Cosa avviene durante la fase di contrazione eccentrica?
Nella fase di una contrazione eccentrica la tensione sviluppata è inferiore alla resistenza applicata ed il muscolo si allunga comportando un allontanamento dei capi articolari.
Dal punto di vista della metodologia di allenamento come possiamo sviluppare una maggiore forza in funzione di una contrazione eccentrica?
In 3 modalità:
1. eccentrica massimale (110-120%RM) 2-3 reps (recupero completo)
2. eccentrica sub massimale (80%-90% RM) 4-6 reps (recupero completo)
3. eccentrica flash (carico naturale) 15’’- 20’’(recupero incompleto)
Modalità di esecuzione: naturalmente con l’aiuto di uno o più spotter (persona che assiste e protegge chi sta sollevando pesi in certi esercizi più pericolosi) bisogna controllare la fase negativa dell’esercizio ovvero fase eccentrica, a differenza della fase concentrica o positiva effettuata dallo spotter. Comunque bisogna tener conto che a seconda che usiamo una eccentrica massimale oppure sub massimale oppure un flash il tempo sotto tensione cambierà.
Come possiamo usare la contrazione eccentrica per prevenire infortuni muscolari?
Abbiamo diverse soluzioni, usare solo la contrazione eccentrica nelle sue 3 modalità oppure combinare una contrazione che crei un ambiente muscolare acido, quindi contrazione concentrica-pliometrica-auxotonica-balistica con una contrazione eccentrica nelle diverse modalità. Questa metodologia di allenamento a scopo preventivo può essere usata con i dovuti accorgimenti e le dovute modifiche anche in un periodo post infortunio a scopo riabilitativo e rieducativo.
Infine e in sostanza potremmo dunque affermare: “occhio alla negativa!”.